allegriuno
Battuta la Sampdoria ed è subito festa per festeggiare lo scudetto della Signora.

Era il 16 luglio quando il tecnico livornese provava a convincere i tifosi della Juventus che lui sarebbe stato l’allenatore giusto. Era il suo primo giorno a Torino, il primo allenamento con la squadra e la visita al museo dei bianconeri. A fare da guida il presidente Agnelli e il direttore sportivo Marotta tra maglie di vecchie glorie bianconere e trofei. Ma era il passato più recente, quello dei tre anni e dei tre scudetti di Conte a provocare intorno ad Allegri scettismo, perplessità e qualche insulto. Pesava il suo passato sulla panchina del Milan, i continui battibecchi con la dirigenza bianconera sul gol non dato a Muntari e i dubbi sul suo rapporto con Pirlo. Dieci mesi dopo è cambiato tutto: il livornese dalla battuta pronta ma mai sopra le righe ha conquistato tutti, regalando ai bianconeri una delle stagioni più belle da dodici anni a questa parte. Ha vinto il 31esimo scudetto nella storia della Juve con quattro giornate d’anticipo e, quasi come Conte, non ha lasciato spazio agli avversari, la Roma su tutte. Merito di una rivoluzione gentile sul campo, senza stravolgere l’ossatura di una squadra che veniva considerata spremuta.
Quasi uno psicologo più che un allenatore. Una psicologia che è servita a fare meglio dove Conte aveva fallito. Considerando la Champions League come un dovere sin dall’inizio. E’ arrivata anche la finale di Coppa Italia e adesso che lo scudetto è in bacheca tutte le energie verranno concentrate sul Real Madrid. Il vero obiettivo stagionale è stato raggiunto. Allegri adesso può concedersi il lusso di provare ad andare verso la finale di Berlino senza avere più nulla da perdere. Tevez invece si può considera l’uomo in più della Juventus. Lo scudetto dei bianconeri è di tutta la squadra però la prima firma sulla lista è la sua. Ma non sono solo i numeri a parlare per l’attaccante argentino. In quella che è forse la sua migliore stagione in carriera, l’Apache ha fatto di più. E’ diventato il leader, dopo appena due stagioni con la maglia numero dieci sulle spalle. Un’eredità pesante per tutti, dopo 19 anni di Alessandro Del Piero. Non scomoda per Tevez che ha preso per mano la Juventus soprattutto quando si trattava di sbloccare partite complicate. Ha fatto la differenza con le piccole, ha segnato quando si trattava di mettere fine alle ambizioni delle inseguitrici, si chiamassero Roma o Lazio. La perla resta quel gol ‘alla Maradona’ al Parma: una corsa palla al piede da oltre metà campo, tre difensori saltati con facilità e infine una rasoterra imprendibile. Mai banale nell’andare in gol, così come nell’esultare. Ciucci, violini e l’immancabile pensiero alla sua Buenos Aires, dove vorrebbe chiudere la carriera. Questa l’unica sofferenza che quest’anno Tevez ha regalato ai tifosi bianconeri. Il contratto scade nel 2016 ma dall’Argentina si fanno insistenti le voci che lo vorrebbero con la maglia del Boca Juniors già a fine giugno. Lui non ha mai smentito o confermato, ha sempre rimandato il discorso a fine stagione. Sarebbe difficile trovare subito un erede in casa Juve e non è detto che i tifosi perdonerebbero questa fuga d’amore in Sudamerica. Forse il solo modo sarebbe quello di aggiungere allo scudetto, grazie ai suoi gol, anche la Coppa Italia e soprattutto la finale di Champions League.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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