La Gran Bretagna, dallo scoccare della mezzanotte, non è più nell’Unione Europea. La Brexit diventà realta dopo un travaglio lungo tre anni e mezzo, iniziato con il referendum del 2016 e proseguito tra negoziati e proroghe, la caduta di due primi ministri come David Cameron e Theresa May, e profonde divisioni nella società britannica.

Per il premier Boris Johnson è “l’alba di una nuova era”, per molti “un momento di meravigliosa speranza”, per altri di “ansia e smarrimento”, ma “noi vogliamo riunire il Paese”, ha detto, e avere una “cooperazione amichevole” con gli ex partner dell’Ue. L’addio è stato sancito anche da un conto alla rovescia sulla facciata di Downing Street e da un altro sulle scogliere di Dover. Si chiude così una pagina di storia durata quasi mezzo secolo, dal 1973 a oggi: quella del matrimonio tra Londra e Bruxelles. Le bandiere europee sono state tolte dai palazzi del potere nel Regno Unito, e viceversa. A Londra piazze divise: il boato del popolo euroscettico riunito in folla a Westminster Square (FOTO). Dall’altra parte, sempre nella capitale ma anche altrove, le recriminazioni e il rammarico dei Remainers, di chi non avrebbe voluto questo epilogo (COSA CAMBIA ADESSO).

Ora un anno di transizione
Da oggi, 1 febbraio, parte un anno di transizione, fino al 31 dicembre 2020 salvo proroghe. In questi mesi quindi non cambierà nulla, in pratica, e il Regno Unito sarà trattato come uno Stato membro, ma non avrà alcun diritto di intervento nel processo decisionale dell’Unione europea e nessun diritto di rappresentanza. Sono diversi i nodi cruciali da sciogliere: dalle future relazioni commerciali dopo il divorzio – con sullo sfondo le possibili intese parallele di libero scambio con gli Usa e con altri Paesi terzi – all’immigrazione.

Il discorso di Boris Johnson
Il suggello del Brexit Day è arrivato dal premier Boris Johnson, che in questi mesi è riuscito a mettere fine allo stallo, dopo aver già condotto in prima fila la campagna pro Leave del referendum del giugno 2016. In un messaggio alla nazione il primo ministro Tory ha incitato all’ottimismo e richiamato all’unità un Paese profondamente diviso. Ha definito questo passaggio “l’alba di una nuova era”, che “non segna una fine, ma un inizio”. Ha rivendicato l’addio come “una scelta sana e democratica” sancita “due volte dal giudizio del popolo”, tanto nel 2016 quanto alle elezioni del dicembre scorso. E ha esaltato le speranze di un rinnovato slancio all’interno, di un ruolo europeo e globale “indipendente” del Regno, ma anche di una “cooperazione amichevole” di buon vicinato con gli ex partner dell’Ue. Non senza insistere sulla convinzione che la direzione intrapresa dall’Ue, pur “con tutte le sue ammirevoli qualità”, non fosse più adatta al destino britannico.

Le contraddizioni della piazza
Le contraddizioni intanto non hanno smesso di caratterizzare le piazze britanniche. A Londra, fra rimpianti e lacrime, hanno manifestato gruppetti di Remainer, in rappresentanza di una fetta ampia di Paese rammaricata per l’esito della vicenda. Poi i sostenitori della Brexit, molti provenienti da fuori Londra, e arringati dalle parole di Nigel Farage, leader del Brexit Party, che si sono radunati a decine di migliaia in serata fino a riempire Westminster Square, sfidando la pioggia, per far sventolare – tra fuochi, brindisi, inni e comizi – bandiere e simboli nazional-patriottici.

La Scozia torna a evocare un possibile secondo referendum
Le contraddizioni che non smettono di agitare neanche le nazioni del no alla Brexit: l’Irlanda del Nord, dove ha rifatto capolino una linea di frontiera pur invisibile con Dublino. E soprattutto la Scozia, dove la piazza di Edimburgo ha risposto a quella di Londra e la premier indipendentista Nicola Sturgeon è tornata a invocare l’obiettivo di un secondo referendum secessionista.

Le reazioni da Bruxelles
Intanto da Bruxelles e dalle varie capitali continentali, i leader europei alternano parole che definiscono il momento “storico” e “di svolta” a toni più amareggiati. Tra i primi da Giuseppe Conte a Emmanuel Macron, fino ad Angela Merkel. Per il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, la Brexit è “una ferita”. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, sottolinea che l’Ue intende “avere la miglior partnership possibile con il Regno Unito” ma che “non sarà mai come la membership”. Per il commissario Paolo Gentiloni si è trattato di “una notte storica e triste”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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