I dati Istat mostrano che, nel 2018, le famiglie residenti in Italia hanno speso in media 2.571 euro mensili in valori correnti e sostanzialmente sembra che non ci sia stata una variazione rispetto al 2017. In realtà, considerando la dinamica inflazionistica, cioè l’aumento dei prezzi (che è stato dell’1,2%), la spesa è diminuita dello 0,9% in termini reali. Ha quindi segnato una contrazione per la prima volta dopo la dinamica positiva registrata dal 2014 al 2017. La spesa è ancora lontana dai livelli del 2011 (2.640 euro mensili), a cui erano seguiti due anni di forte riduzione, ma il valore medio non tiene conto di tutte le componenti che caratterizzano il reddito, la residenza geografica e le specificità dei beni. Perciò l’Istat è entrato nel dettaglio.

Il divario Nord-Sud – I livelli di spesa più elevati e superiori alla media nazionale si registrano nel Nord-ovest (2.866 euro), nel Nord-est (2.783) e nel Centro (2.723 euro); più bassi, e inferiori alla media nazionale, nel Sud (2.087 euro) e nelle Isole (2.068 euro). Anche nel 2018 si osservano i divari territoriali ben noti, le cui origini vanno ricercate in diversi fattori di natura economica e sociale (redditi, prezzi al consumo, abitudini e comportamenti di spesa). Nel Nord-ovest si spendono mediamente, in termini assoluti, circa 800 euro in più che nelle Isole, e cioè il 38,6% in più in termini relativi, ma il divario scende sotto il 40% per la prima volta dal 2009 (nel 2017 era al 45%). A pesare di più sulle spese delle famiglie nel Sud e nelle Isole, dove le disponibilità economiche sono generalmente minori, le voci destinate al soddisfacimento dei bisogni primari, ad esempio quelle per i beni alimentari: rispetto alla media nazionale (18,0%), la quota per la spesa alimentare è il 22,9% nel Sud e il 21,3% nelle Isole, mentre nel Nord-est si ferma al 16,0%.

Le regioni con la spesa media mensile più elevata sono Lombardia (3.020 euro), Valle d’Aosta (3.018 euro) e Trentino-Alto Adige (2.945 euro); in particolare, nel Trentino-Alto Adige si registrano, rispetto al resto del Paese, le quote più elevate di spesa per servizi ricettivi e di ristorazione (6,2% contro il 5,1% di media nazionale) e per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (6,1% contro il 5,0%), prosegue l’Istat. La Calabria si conferma la regione con la spesa più contenuta, pari a 1.902 euro (1.118 euro meno della Lombardia), seguita dalla Sicilia (2.036 euro mensili). In Calabria la quota di spesa destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche raggiunge il 23,4%, l’incidenza più alta dopo quella registrata in Campania (23,8%).

In cosa spendono le famiglie – La composizione della spesa resta sostanzialmente immutata rispetto al 2017: è ancora l’abitazione ad assorbire la quota più rilevante (35,1% della spesa totale), seguita dalla spesa per prodotti Alimentari e bevande analcoliche (18,0%) e da quella per Trasporti (11,4%). Le famiglie hanno speso per prodotti Alimentari e bevande analcoliche in media 462 euro mensili. Più nel dettaglio, aumenti di spesa si registrano per le carni (+4,0%), i pesci e i prodotti ittici (+3,4%) e per caffè, tè e cacao (+5,0%). Le carni costituiscono anche la voce di spesa alimentare più importante in termini di composizione del carrello, rappresentando il 3,8% della spesa totale. Solo la spesa per zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolciumi diminuisce in modo significativo (-2,6%). La spesa per beni e servizi non alimentari è di 2.110 euro mensili, anche questa stabile rispetto al 2017 (2.107 euro). Per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili, manutenzione ordinaria e straordinaria, la spesa resta invariata (con l’eccezione del Nord-est, dove si contrae del 3,5%) e pari al 35,1% del totale. La quota più rilevante dopo l’abitazione è destinata ai trasporti (11,4%). Seguono in ordine cura della persona, effetti personali, servizi di assistenza sociale, assicurazioni e servizi finanziari, servizi ricettivi e di ristorazione e beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura, servizi sanitari e salute, abbigliamento, mobili, articoli e servizi per la casa. Solo la spesa per le comunicazioni (pari al 2,4% della spesa totale) si è ridotta molto rispetto al 2017 con un -2,5%. Cosa tagliano le famiglie Le famiglie italiane continuano a tagliare su viaggi e vacanze. Dal report dell’Istat sulle “Spese per i consumi delle famiglie 2018” emerge infatti che il 39,3% delle famiglie che già sostenevano spese per viaggi e vacanze ha provato a ridurle, con un massimo del 53,9% nel Mezzogiorno. I veri risparmi di spesa ricadono sull’abbigliamento e le calzature.

L’Istat riferisce che quasi la metà (48,9%) delle famiglie che acquistavano già questi beni un anno prima dell’intervista ha infatti modificato le proprie abitudini, provando a limitare la spesa. Anche in questo caso l’Istituto rileva forti differenze territoriali: si prova a risparmiare di più nel Mezzogiorno (62,7%) rispetto al Centro (47,6%) e soprattutto al Nord (40,3%). La spesa per visite mediche e accertamenti periodici, in larga misura “incomprimibile”, è quella sulla quale le famiglie italiane “agiscono meno” per provare a limitare le spese. Infatti soltanto il 16,1% delle famiglie dichiara infatti di aver speso meno, peraltro con forti disparità Nord-Sud: il 10,1% nel Nord, il 17,9% nel Centro e il 24,1% nel Mezzogiorno. Per contro, il 6,1% delle famiglie dichiara di aver aumentato la spesa sanitaria. Rispetto a un anno prima dell’intervista, invece, due terzi delle famiglie non hanno modificato le proprie abitudini in fatto di spesa alimentare, né al rialzo né al ribasso.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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