“Non ci interessa il mondo là fuori, abbiamo visto cosa c’è e non abbiamo alcun interesse a farne parte”: questo è, a grandi linee, il pensiero di coloro che vengono definiti “Hikikomori” – termine giapponese che significa “isolarsi” – ossia giovani ragazzi spesso tra i 14 e i 25 anni che scelgono di tagliare ogni contatto reale con il mondo esterno e di chiudersi nelle proprie case; unica finestra sul mondo? La rete internet.

Il fenomeno, nato in Giappone, si sta diffondendo rapidamente anche in italia, paese europeo con la più alta concentrazione di Hikikomori: cifre non ufficiali parlano di circa 70 mila ragazzi e ragazze che si sono allontanati dalla società. Il periodo più a rischio per rimanere invischiati in questo oblio pare essere quello del passaggio dalle medie alle superiori.

Uno psicoterapeuta dell’Istituto di Milano “Minotauro”, Antonio Piotti, ha commentato questo disturbo sostenendo che “la difficoltà di questi giovani sta nel presentare il proprio corpo agli altri, nel sentire che il loro corpo è inadeguato. Non stiamo parlando dell’aspetto fisico in quanto tale, ma dell’immagine che uno ha di sé. Mentre la società del passato lavorava molto sulla colpa, quella di oggi lavora molto sulla vergogna. E in un momento delicato come l’adolescenza i ragazzi non ce la fanno a mantenere il ritmo, quindi si separano e si trovano uno spazio in cui possono muoversi liberamente, in cui non devono per l’appunto vergognarsi e non hanno più bisogno di nascondersi agli altri e a se stessi”.

In effetti, quando ci si muove attraverso la rete internet, non si ha alcun corpo da presentare agli altri.

Purtroppo, capire quali possano essere i campanelli d’allarme non è facile: spesso – ha commentato lo psicoterapeuta – la fobia scolare espressa come volontà di non andare a scuola può essere un primo segnale di un problema più profondo, soprattutto se accompagnata da crisi d’ansia gravi.

Ma cosa possono fare i genitori davanti a questo progressivo rifiuto alla vita sociale dei propri figli? Secondo Piotti “c’è spesso un approccio di tipo autoritario, per cui io ti costringo con la forza a uscire dalla rete. Ma invece di obbligare all’uscita, il punto è imparare a condividere la chiusura, e fare piccoli passi verso l’esterno”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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