Le passioni di noi italiani sono tante. Ci piace mangiare bene, ci piace lo sport e la buona musica. Per essere felice ci basta davvero poco, siamo fatti così. Ma c’è una persona che ha tutte queste passioni e forse qualcuna di più. Un italiano in particolare, un giornalista che non si limita a raccontare con le parole come un qualsiasi altro scrivano del nostro tempo, perché le sue parole si trasformano in musica e viceversa. Stiamo parlando di Guido Foddis, giornalista, blogger, musicista e chi più ne ha più ne metta.

Foddis (classe 1973), originario di Ferrara è tante cose diverse, ma nella sua vita ha sempre avuto un unico punto fermo: la musica. Ha scritto numerosi album, nel corso della sua carriera, l’ ultimo si intitola “La Repubblica delle Biciclette”. E proprio di ciclismo (una delle sue altre passioni), parla questa sua opera, portata in scena a Riccione, in occasione di un evento in cui si è parlato di questo sport, e delle battaglie sulle due ruote di Bartali, Coppi fino a Merckx.

Guido, come riesci a conciliare la passione per la musica, lo sport e il giornalismo?

“La musica, per me, è sempre stata una predisposizione genetica e da quando ho finito le scuole superiori, anche un mestiere. E’ semplicemente l’occupazione per cui sono nato e ho sacrificato ogni altra aspirazione. Negli ultimi dieci anni, però, il tempo libero per tutti i musicisti è drammaticamente aumentato e così ho potuto rispolverare la mia passione per il giornalismo sportivo e la radio che coltivavo dai tempi delle superiori. Una cosa tira l’ altra e grazie a delle opportunità professionali che mi sono capitate e ho colto al volo, è diventato un lavoro. Anche se mi viene da ridere pensare a me come giornalista e musicista, ad oggi i due mestieri più sottopagati e irregolari che possano esistere. Per quanto riguarda lo sport, invece, è sempre stata una tradizione nella mia famiglia. Ho sempre cercato di praticarlo, oltre che seguirlo da spettatore, anche se ora come ora, gli anni si fanno sentire e il fisico scricchiola, ma non ho ancora intenzione di abdicare”.

Con quali di questi non potresti proprio vivere?

“La musica. Ho provato a farmela passare, ma non ci riesco. Non riesco ad ascoltare nemmeno la robaccia in sottofondo che danno nei supermercati, senza sezionare arrangiamenti di basso, suoni di campionatori e volume del mastering. Insomma, è una vera e propria malattia mentale”.

Guido, che cos’è per te il ciclismo, invece?

“Il ciclismo, per me, che sono nato e cresciuto a Ferrara, è prima di tutto quotidianità. Fare la spesa, andare alle poste, prendere il giornale. Da qualche anno, è diventato anche vacanza, perché in estate vado a fare trekking a pedali in giro per l’ Europa. L’ ultima mia avventura è stata quella in Mar Baltico, dalla Germania alla Russia”.

Cosa hanno rappresentato Coppi e Bartali per gli appassionati delle due ruote e per lo sport italiano?

“Coppi e Bartali hanno permesso agli italiani di unirsi. Sembra un controsenso questo, visto che spaccavano l’ opinione pubblica, ma nonostante questo, riuscivano nell’ intento di mettere insieme un paese stremato dalla guerra, sull’ orlo di una guerra civile, attraverso la magia della narrazione sportiva. Lo sport che viene praticato, aiuta le persone a sentirsi meglio, mentre quello che viene guardato aiuta le persone a sentirsi parte di una comunità, a trovare elementi fondativi e a costruire nuovi ricordi. Oltre a tutto questo, Coppi e Bartali sono stati dei grandissimi campioni, con un motore pazzesco”.

Guido, dei ciclisti contemporanei hai tifato per qualcuno in particolare?

“Da adolescente mi piaceva molto Chiappucci. Ero affascinato dalla sua capacità di non vincere praticamente mai, pur correndo come un eroe dell’ Iliade. Questo ciclista era sempre all’ attacco, spesso all’ insaputa degli stessi compagni di squadra, refrattario ad ogni inciucio. Se avesse vinto di più, avrei, sicuramente, tolto il suo poster dalla cameretta. Quando tifi un eterno secondo poi,le sue vittorie non hanno prezzo, anche perché gli eterni secondi non li tifa mai nessuno, quindi con chi puoi esultare? A parte lui, recentemente ho apprezzato anche Marzio Bruseghin, per le doti umane e la filosofia contadina con cui riesce sempre a dare luminosa saggezza a ogni momento. Anche se a smesso di correre da qualche anno, continuo a stimarlo e la nostra amicizia è rimasta intatta, tanto che l’ho voluto come ospite in un mio disco, nel quale ha anche performato un gran rap in dialetto. E poi è il mio pusher di prosecco, perché nessuno riesce a farlo buono come lui”.

Secondo te, riesce più a raccontare il giornalista con le parole o il cantante e musicista con musica e parole?

“Il ciclismo, in musica, si può raccontare benissimo, perché io l’ ho fatto. A questo proposito, ho scritto un disco e uno spettacolo a pedali in cui prendo l’ attività in bici sotto varie angolature. La canzone intitolata Acido Lattico o Maglia Nera, parlano di cicloturismo e ciclismo professionistico. Un Mondo a Pedali, invece, riepiloga le battaglie per l’ emancipazione del ciclista urbano, contro la dittatura delle macchine, mentre La Dieta Venturelli racconta la straordinaria biografia del più grande campione mancato del ciclismo. La differenza tra musica e giornalismo è che la musica impone delle regole metriche e la sintesi. Per quanto sia lunga una canzone , è sempre più corta di un paragrafo. Nel giornalismo, invece, questi due problemi non si pongono, perchè c’è spazio a sufficienza per argomentare e approfondire”.

Giornalista sportivo, blogger e musicista… in quale ambito ti senti realizzato maggiormente?

“Musicista. Niente mi realizza quanto fare musica, in qualsiasi ruolo e con qualsiasi strumento”.

A proposito Guido, a quale genere musicale sei più legato?

“Ho cominciato con il Blues di Hendrix, poi sono passato al Jazz e per lavoro ho strimpellato le peggiori porcate di musica Pop. Ho suonato con moltissimi artisti brasiliani, caraibici, perfino indiani e rumeni, quindi ho conosciute diverse musiche etniche. Mi piace molto, anche, il Rock spinto e qualche volta mi è capitato di suonare in orchestre di classica, genere che spesso ascolto. Insomma, sono legato a ogni genere musicale ma per massimo dieci minuti, poi mi stanco”.

Hai qualche progetto per il futuro prossimo?

“Semplicemente sopravvivere e talvolta rendermi felice. Di questi tempi è un’ambizione che suona quasi come presunzione ma è questo quello che vorrei”.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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