Voglia di appartenenza, essere scout per molti adulti, anche autorevoli, è motivo di orgoglio.
E intanto, i numeri stanno tornando ad essere quelli di una volta.
Le iscrizioni salgono dell’1,4%, merito di tradizioni consolidate che hanno retto più di altre al disimpegno sociale, e alla crisi di altre strutture aggregative.
Per alcuni sono un esempio educativo e di solidarietà, per altri appaiono come una associazione chiusa.
C’e’ chi “li ha fatti” e non si immagina senza il fazzolettone, e c’è chi “sono scappato dal gruppo”.

Quattrocento milioni di persone in tutto il mondo sono state scout.
Nato 107 anni fa, il movimento scout ha attraversato indenne fascismi, dittature, guerre e rivoluzioni, senza modificare la sua pedagogia.
Oggi conta oltre quaranta milioni di iscritti ed e’ presente in 216 Paesi.

Si può dire che è la struttura educativa non formale di giovani più longeva, capillare e multiculturale del pianeta.
L’idea di cittadinanza, declinata come servizio, ha portato gli scout ad essere protagonisti di numerosi interventi di solidarietà
Questi ragazzi con il fazzolettone al collo, se ricordate, sono stati in prima fila, nella tragedia del Vajont del 1963, a Firenze, dopo l’alluvione del 1966, tra le macerie del Friuli nel 1976,e nel 1980 in Irpinia.

Al netto della struttura e della storia, la forza e il filo rosso che unisce “la grande famiglia scout” resta uno: il metodo educativo, i cui principi sono stati definiti già dal fondatore, nel 1908, nei quattro punti fondamentali.
Ancorati alla ”Promessa” e alle leggi, i caposaldi pedagogici partono dall’idea di autoeducazione, vale a dire dell’”imparare facendo”.
Il movimento scout ci racconta quanto è importante la forza del “branco”.
E allora, non si può’ fare a meno di tornare con la fantasia allo splendido libro, nonchè film, IL Libro della Giungla, dove, in un concentrato di poesia, tutto diventa possibile, e un cucciolo d’uomo può fronteggiare seriamente una tigre feroce grazie al sostegno di un branco di lupi, di una saggia pantera e di un orso mattacchione.

Il “libro della giungla” fu pubblicato tra il 1893 e il 1894 e Robert Baden Powell, artefice di quel fenomeno internazionale che risponde al nome di scoutismo è stato uno dei migliori amici di Kipling.

Al loro sodalizio si deve l’organizzazione del movimento scout nella fascia d’età che va dagli otto ai dodici anni.
Lì ci sono i riferimenti alla “legge del branco”, ci sono lupi anziani e lupetti, c’è la guida saggia di Akela, ci sone figure di spessore come Kaa e Bagheera.
Il gioco, l’utilizzo di un ambiente fantastico, la condivisione di alcune regole basilari per una quieta e proficua convivenza nel gruppo, ne costituiscono la morale, fino a diventare un metodo, che venne fortemente sviluppato da Vera Barclay, prima Akela d’Inghilterra, che ideò una vera e propria Legge del gruppo (Legge del Branco).
Elemento fondamentale per la buona riuscita delle attività coi bambini, doveva essere l’atmosfera, respirata all’interno del gruppo.
Il primo ambiente formativo è la propria casa natale, la Barclay coniò così il termine “famiglia felice”, per esemplificare l’ambiente vissuto dai fanciulli.

Per finire, come si dice ”tra quelli del campo”, scout una volta, scout per sempre!
Essere scout non è un passatempo, ma un progetto educativo, utile a diventare “persone”!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Marco Iorio Roma

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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