Cosa accade quando un talentuoso pianista jazz e un famoso cantautore italiano si incontrano? No, non si tratta di un colpo o una barzelletta, ma è quello che è successo tra il grande Gino Paoli e Danilo Rea. Un’icona della musica italiana da una parte e un famoso jazzista dall’altra, e il risultato non poteva essere che una bomba! ‘Due come noi che… ‘ si chiama lo spettacolo che stanno portando in teatro i due artisti e chi avrà l’occasione e l’onore di andare ad ascoltarli dal vivo, non potrà che rimanere estasiato e rapito dal loro sound. Ma come è nato questo incontro? Quali sono le forze che hanno reso possibile questo matrimonio artistico? Andiamo a chiederlo ai due protagonisti principali: prima a Gino e poi a Danilo.

Paoli, secondo lei, il panorama musicale italiano si è arricchito o impoverito negli ultimi 50 anni? Dai tempi di Sapore di Sale, quante cose sono cambiate?

“Ho l’impressione che negli ultimi anni ci sia la tendenza a ridurre la musica a semplice accompagnamento, si ascolta come sottofondo, facendo dell’altro. Ma la buona musica, l’arte, dovrebbe catturare completamente, emozionare, altrimenti diventa semplice intrattenimento. C’è un ritorno alla canzone che cerca il successo, una tendenza ad accontentare il pubblico come succedeva prima del famoso gruppo dei cantautori. La mia impressione è che si stia tornando un po’ a quel genere di canzoni”.

Mi parli dell’incontro artistico con Danilo Rea: da quanto tempo lo conosce? Come è nata l’idea di questo spettacolo?

“La collaborazione con Danilo non l’ho cercata ma è capitata. È frutto di un incontro di quelli che capitano raramente. Ci capiamo con uno sguardo, senza bisogno di parlare. Io canto come se suonassi e lui suona come se cantasse. Questa grande armonia forse è dovuta al fatto che abbiamo una sensibilità simile: per me e per Danilo la musica è libertà, e spaziando nei diversi generi musicali ci divertiamo tantissimo. E spero che questo arrivi anche a chi ci guarda”.

“Due come noi che…”, quei puntini di sospensione che cosa significano?

“In ‘Due come noi che…’ i puntini di sospensione indicano proprio che nulla è già scritto, non ci sono regole, ma ci affidiamo all’improvvisazione in pieno spirito jazz. Non sappiamo mai precisamente quello che faremo fino a poco prima del concerto, non abbiamo una scaletta fissa: suoniamo come ci viene, improvvisando e seguendo l’umore del momento. È una cosa “magica”: questa nostra sintonia ci permette di essere liberi e di trovare l’emozione man a mano che lavoriamo. E questa emozione riesce ad arrivare fino al pubblico.

Cosa rappresenta la musica per Gino Paoli? Quale obiettivo vuole raggiungere con la sua musica?

“Quando ho cominciato a scrivere musica e a cantare, così come adesso, il mio pensiero non era quello di scrivere la storia della musica. Per me cantare era un’esigenza, l’esigenza di esprimere qualcosa. E lo stesso succede con i concerti: il palco, l’emozione del pubblico, per me sono una necessità. Non ho intenzione di smettere, anche perché mi emoziono e mi diverto ancora tantissimo”.

Rea, in Italia il jazz è veramente apprezzato oppure no? Secondo lei, è un genere per pochi eletti?

“Il jazz è un genere di nicchia ancora adesso, anche se in Italia ha vissuto un momento di grande fama. Tutto sommato però resta una musica “difficile” perché ho l’impressione che il jazz di oggi sia più difficile da comprendere di quello dei grandi jazzisti del passato”.

In Italia c’é abbastanza cultura musicale, o si va dietro alle mode?

“Quelli bravi fanno musica, gli altri copiano. È sempre stato così, ovunque. Anche se a giudicare dalla musica italiana mi pare stia vivendo una crisi di identità, specialmente quella pop”.

Mi parli del suo incontro con Gino Paoli: da quanto tempo lo conosce? Come è nata l’idea di questo spettacolo?

“Con Gino ci conosciamo ormai da molti anni: abbiamo iniziato in quintetto quasi per gioco. Dopo tanto tempo proseguiamo con i nostri lavori e concerti in duo, perché ci sembra la declinazione più emozionante”.

Cosa mi può raccontare dello spettacolo che sta portando in scena con lui?

“Lo spettacolo con Gino è fatto d’improvvisazione: è emozione allo stato puro. Un giro del mondo musicale, che va dalle apprezzatissime e attesissime canzoni di Gino, ai capolavori della musica francese, brani sudamericani, passando anche per l’opera lirica”.

Cosa rappresenta la musica per Danilo Rea? Quale obiettivo vuole raggiungere con la sua musica?

“Un musicista cerca sempre di migliorarsi. Grazie alla fantasia, la forza e la curiosità che non ho mai perso, fortunatamente. Ecco, quindi vorrei continuare a migliorarmi, senza dimenticare l’emozione e senza farmi sovrastare dal lato tecnico”.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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