Come se fossi Antani prendendo per bene Tapioco…. cosa vi ricordano queste parole senza senso? Dai fate uno sforzo magari ci arrivate… anche Supercazzola non vi dice proprio nulla? Beh ve lo dico io va’, nient’ altro che il film cult “Amici Miei” di Mario Monicelli. Un gruppo di amici tipicamente toscano che si divertiva ad andare in giro (a fare le zingarate), ovvero a canzonare chi gli si trovava a tiro. Al Cinepalace di Riccione, è stata riproposta la versione restaurata per 40 anni dall’ uscita della pellicola diretta dal grande maestro scomparso poco tempo fa. Uno degli indimenticabili interpreti di Amici Miei, è stato, senza dubbio alcuno, Ugo Tognazzi. E chi poteva essere a presenziare a questo appuntamento così importante se non uno dei suoi figli, ovvero, Gian Marco Tognazzi, un attore di successo come suo padre Ugo, che ha colto l’ occasione di rendere omaggio in un altro modo al papà, presentando la sua azienda agricola chiamata “La Tognazza Amata”. Eh sì, perchè, forse tutti non sanno, che Ugo Tognazzi era, anche, un grande cuoco, appassionato di cucina, del buon cibo e del buon vino. Per la serie non si vive di solo cinema. Ma bando alle ciance e chiediamo subito a Gianmarco di raccontarci tutto di lui e suo padre.

Tognazzi, oltre alla passione per la recitazione, suo padre le ha trasmesso anche un altro amore?

“Sì, quello per il buon cibo. Per mio padre la passione per la cucina era di gran lunga superiore a quella del cinema. Quando cresci con certe abitudini puoi entrarci dentro e amarle alla follia come è successo a me, oppure odiarle con tutto il cuore. Anche se, devo dire, che quando ero più giovane mi sentivo prevaricato da tutto questo e cercavo di allontanarmi, ma poi in età adulta, come spesso accade, si riflette di più sulle cose, si ragiona e il mio atteggiamento è cambiato. Alla fine è scoppiato lo stesso tipo di amore che provava mio padre per la cucina”.

Suo padre è stato un precursore del mondo enogastronomico in tutti i suoi aspetti, non è vero?

“Esatto. Voglio ribadire per l’ ennesima volta che ho avuto l’ onore e il privilegio di essere stato il figlio di un grandissimo attore ma anche di un innovatore dell’ arte culinaria, a cominciare dagli anni ’60, quando la cucina non era considerata una moda, diversamente da oggi. Mio padre voleva mangiare solo le cose che gli dava la sua terra, quindi coltivava tutto lui. Quando scelse di vivere a Velletri, creò una specie di azienda agricola, che però assomigliava di più a una tenuta, dove lui riuscì a realizzare tutti i suoi sogni enogastronomici di allora”.

Come è nata l’ idea di creare questa azienda?

“Ho voluto risistemare la vecchia tenuta di mio padre, trasformando in una vera propria azienda agricola. Crescendo con questa sua filosofia del mangiare sano, ho voluto fare la stessa cosa con il vino, offrendolo prima ad amici e parenti per poi arrivare, successivamente, a quello che era il suo pubblico, trovando un responso più che positivo. Sono molto felice di essere riuscito a realizzare nel concreto, questo tipo di intuizione che aveva avuto mio padre tanto tempo fa, ma per non rischiare che venisse quasi ‘cannibalizzato’ da questo mio progetto che, inizialmente, era nato come un omaggio a lui, ho deciso di slegare, in maniera graduale, la sua immagine dall’ azienda. Tra l’ altro alcuni vini che ho voluto chiamare Tapioco e Come se fosse Antani, venivano bevuti da De Bernardi Benvenuti e Monicelli, quando erano a cena da mio padre. Quindi, si può dire, che il cibo è stato di ispirazione per la nascita di Amici Miei e per questo ho deciso di chiamarli in quel modo”.

Tognazzi, come è nato, invece, il suo amore per il cinema?

“Io e i miei fratelli, abbiamo fatto per gioco i figli di Ugo in alcuni film questo era un modo per stargli più vicino, perchè quando mio padre non era sul set a girare, se ne stava in cucina e nessuno, neanche noi, potevamo permetterci di entrare nel suo regno. Come la passione per la cucina anche quella per la recitazione è nata da subito, non c’è stato un momento in cui ho deciso di intraprendere questa carriera, ti viene trasmessa quasi automaticamente. Se pensate che questo lavoro è amato tanto da chi non ha artisti in famiglia, pensate quando l’ attore ce l’ hai in casa, è impossibile non intraprendere quella strada”.

Nel suo personale cassetto, tiene custodito un particolare ricordo di suo padre?

“Ma non ne esiste uno solo. A casa nostra si respirava l’ amore per la vita, per il divertimento, per la convivialità e la gioia di stare insieme. Era un modo di vivere la professione e una vita privilegiata, guardando con attenzione ai pregi e difetti degli artisti nel lato privato che è molto diverso dall’immagine pubblica”.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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