Dieci anni fa, nel ventennale della caduta del Muro di Berlino, l’allora ministro tedesco incaricato dello sviluppo della ex Germania Est, Wolfgang Tiefensee, spiegò che – grazie ai grossi investimenti pubblici – le differenze economiche tra le due grandi regioni del paese si stavano assottigliando e finalmente la Germania stava tornando a essere veramente unita. Come notarono in molti già allora, Tiefensee era stato probabilmente molto ottimista. La ex Germania Est era ancora molto più povera del resto del paese, con una disoccupazione crescente e un ulteriore grosso problema da affrontare: si stava progressivamente svuotando. Oggi, racconta il Financial Times, quel grosso problema è ancora lì ed è peggiorato, al punto che in certe parti della ex Germania Est non ci sono nemmeno abbastanza persone per occupare tutti i posti di lavoro.

Il problema del progressivo spopolamento delle aree della ex Germania Est cominciò subito dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989. La regione che per 50 anni era stata la Repubblica Democratica Tedesca, sotto il controllo dell’Unione Sovietica, era considerevolmente più povera del resto del paese: il crollo dell’amministrazione sovietica e la fine delle sue logiche economiche portarono in pochi anni alla chiusura delle grandi industrie che avevano dato per anni lavoro a milioni di persone in tutta la regione. Centinaia di migliaia di persone cominciarono a lasciare le regioni confinanti con Polonia e Repubblica Ceca per spostarsi verso gli stati della Germania Ovest o nelle grandi città per cercare lavoro. Nel 2015, secondo l’Istituto di statistica tedesco, nella ex Germania Est vivevano 12,5 milioni di persone: 2,3 milioni in meno del 1989.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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