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Free-to-play è un termine utilizzato per definire quei videogiochi che possono essere installati senza pagare, differenziandoli quindi dai classici giochi che vanno obbligatoriamente pagati prima dell’installazione.

Come siamo arrivati al free-to-play?

Un tempo i videogiochi non erano altro che cassette, cd e dvd che andavano acquistati dal nostro negoziante di fiducia. Anche nelle console attuali abbiamo i supporti fisici, ma con l’avvento di internet siamo arrivati alla digitalizzazione di molti beni (soprattutto videogiochi, software, film e musica), cosa che ha permesso di risparmiare sul costo del supporto, copertina e scatola, dando così la possibilità ai produttori di offrire il prodotto ad un prezzo finale più basso. Nonostante questo, la pirateria digitale e la riluttanza di molti a spendere per un videogioco ha spinto molti produttori a trovare dei metodi alternativi di guadagno. Ed è proprio così che è nato il free-to-play.

Ma cosa ci guadagna il creatore dell’applicazione?

Il guadagno che possiamo ricavare dal free-to-play deriva da due forme: la prima consiste nell’inserire banner e pubblicità all’interno del software, facendosi quindi pagare da altri in base al numero di persone che utilizzano tale applicazione; la seconda consiste nell’inserire contenuti extra a pagamento, purtroppo spesso quasi necessari per proseguire l’avventura di un gioco. Ed è proprio questo secondo metodo che fa arrabbiare numerosi utenti, i quali, una volta installato il gioco e proseguito per diverse ore nell’avventura, si ritrovano ad un punto in cui spesso non si riesce più ad andare avanti se non comprando delle vite, dei potenziamenti o altri elementi che si rivelano molto importanti per la prosecuzione. La rabbia aumenta quando poi si tratta di videogiochi in multiplayer, dove chi paga è sempre più avvantaggiato rispetto agli altri, vanificando ogni sforzo di onesti e volenterosi giocatori che non intendono pagare. Ecco quindi che il free-to-play, in alcuni casi, si rivela più che altro uno specchio per allodole.

Sicuramente esistono molte applicazioni che fanno buon uso di queste due tecniche, trovando un giusto equilibrio, senza compromettere la giocabilità e fornendo contenuti extra a pagamento non essenziali al corretto proseguimento del gioco.

Con l’avvento di numerosi giochi con utilizzo scorretto dei contenuti a pagamento, gli utenti che prima erano favorevoli ai giochi gratis, tornano a chiedere a gran voce nuovi titoli a pagamento, magari spendendo cifre adatte alla longevità e al tipo di gioco, ma con l’assicurazione di avere qualcosa di completo e sicuro.

A cura di Fabrizio Gherardi

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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