EUROPA: UN TEATRO CON UNO SCENARIO CHE CAMBIA

L’Europa tutta alla ricerca di un nuovo ordine mondiale.
Va in onda in questi giorni, complice la pandemia da coronavirus, una delle pagine più complesse della storia dei nostri giorni.
Mi vien da dire che urge, dare un nuovo ordine alla scena mondiale, mentre stiamo già sperimentando un profondo cambiamento d’epoca.

Un po’ di storia, giusto per non perderci: il post-guerra si era definitivamente concluso nel 2008 sulla spinta di due eventi: il fallimento della Lehman Brothers che ha fatto piombare il pianeta nel buco nero di una crisi economico-finanziaria dagli effetti e dalla durata senza precedenti, e l’esplosione della questione georgiana con cui la Russia ha alzato il capo, rivendicando, per la prima volta, un ruolo da protagonista nell’orizzonte geopolitico della contemporaneità.

La gran parte dei problemi con cui gli stati nazionali sono costretti oggi a misurarsi, e lo dico in un momento di grandissima difficoltà come quello che stiamo vivendo in questi giorni, sulla nostra pelle, si può dire che abbia preso le mosse in quell’anno che si può, non a caso, definire di “svolta” sul piano dell’evoluzione storico-politica.

In questo teatro in movimento, l’offerta politica dell’Europa non è stata capace di dare risposte convincenti, come dimostrano l’eclissi della Grecia, culla della civiltà universale, inghiottita dal debito ed emarginata da Bruxelles e l’esito della Brexit, un grave vulnus che indebolisce il Vecchio Continente fiaccato dai virus diffusi del sovranismo e del populismo che lo attraversano da Nord a Sud, e ad oggi provato in modo sconvolgente dalla diffusione del nemico invisibile del coronavirus.

La Cina è cresciuta a dismisura, la Russia guarda con attenzione sempre maggiore a quello che avviene oltre confine, e il risultato è che gli USA non hanno più la capacità di essere arbitri esclusivi dei destini del mondo.
In questa prospettiva la vecchia Europa non può che ridefinire un suo ruolo che possa garantire sicurezza in un contesto così “liquido” e in continuo divenire.

La” fine dei territori”, per usare una celebre definizione del politologo francese Bertrand Badie, impone un diverso paradigma della sovranità e della sicurezza.
Si tratta di costruire un pilastro all’interno di una struttura già esistente, che risponda al bisogno di identità specifica di cui sono portatori i diversi governi europei.

Occorrono nuovi equilibri, occorre rafforzare l’autostima, occorre avere nervi saldi!
Paradossalmente il coronavirus non ha fatto altro che portare a galla un problema latente, è la punta di un “iceberg”, dove sotto si annidano molti altri aspetti.

Occorre che ogni stato sappia riconoscersi nella propria identità, occorrono governi capaci di decidere una rotta, i pericoli sulla strada del futuro non mancheranno di certo, a cominciare dallo scouting tecnologico, che molti paesi stanno facendo sottraendo cervelli e competenze alla vecchia Europa, che continua a pagare: l’Italia detiene un triste primato in questo argomento, l’emorragia di una fuga di intelligenze, difficile da tamponare.

Occorre investire nella ricerca scientifica, in questi giorni più che mai, ne sentiamo il bisogno.
Sarà decisivo per la salvezza, un salto di visione, che dovrà portarci a considerare la difesa europea non tanto, e non solo, come protezione fisica di confini, peraltro sempre più permeabili, nell’epoca della globalizzazione crescente, quanto come riaffermazione di una centralità del Vecchio Continente poggiata nella prospettiva del recupero di un “nuovo umanesimo”.

Un umanesimo che significa, per ciascun stato membro, avere un obiettivo comune, una unica vision, pur nelle rispettive diverse identità, che significa coagulare risorse, prima intellettuali e poi economiche, per fare un progetto che sia sviluppo reale di competenze, aperto all’articolazione dei sistemi biologici, culturali, sociali, e che sviluppi i fattori di un reale progresso.
La sfida è tutta qui, bisogna crederci, prima di tutto!

Gliela possiamo fare, l’Italia deve farcela, e quel “quid di fantasia” che, a tratti, è stato additato come elemento fuoviante, se ben usato, può diventare addirittura il valore aggiunto che unisce ragione e sentimento!
Ritroviamo la passione che è forza, quella, in fondo, che tutti stiamo vivendo in questi giorni di “Italia al tempo del coronavirus!”.

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Archivo il popolano

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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