Daria Bignardi parla per la prima volta della malattia che l’ha colpita e lo fa in una lunga intervista a Vanity Fair in cui racconta di un’esperienza che l’ha segnata e del motivo per cui non ha mai voluto parlarne.

“Chi è ammalato considera la propria malattia il centro del mondo, ma anche se ho rispetto per chi sta soffrendo in questo momento, parlare pubblicamente della malattia in generale, o peggio ancora della mia, non mi interessa. Per tanti motivi: un po’ per pudore, un po’ per paura della curiosità o della preoccupazione degli altri, un po’ perché quando guarisci volti pagina e non hai più voglia di parlarne ancora. Ho superato una malattia seria, ma al tempo stesso molto comune. Si ammalano milioni di donne, a cui va tutto il mio affetto”.

Il tumore che ha avuto e le cure per sconfiggerlo le hanno causato la perdita dei capelli. Con conseguente attenzione dei media per il suo “look horror”: capelli corti e grigi che erano invece i suoi segni di ripresa dopo la chemioterapia.

Il giorno della nomina, quando c’è stata la conferenza stampa a Roma, avevo la parrucca. L’ho portata per diversi mesi, era molto carina, capelli identici ai miei, anzi più belli. Poi andando avanti e indietro in continuazione tra Milano e Roma, a gestire ‘sta parrucca, a un tratto, non ce l’ho fatta più. Un bel giorno l’ho tolta dalla sera alla mattina e mi sono presentata al lavoro con i capelli corti e grigi che stavano ricrescendo sotto. Ma non ho dato spiegazioni, tranne che ai miei vicedirettori, coi quali eravamo diventati amici“.

Un’aggressione mediatica che non l’ha toccata (“sono abituata. In alcuni casi, le assicuro, mi dispiaceva per loro. Mi preoccupavo che rimanessero male se avessero saputo del cancro”). Del percorso affrontato, ricorda…

La chemioterapia fa schifo, ma serve. Curarsi o operarsi non è divertente. Non ho rimosso niente, ma ho elaborato tutto anche scrivendo questo libro“.

Il libro di cui parla Daria Bignardi è Storia della mia ansia, ultimo lavoro della giornalista in cui affronta un altro grande tema che vive in prima persona e che affligge molti:

Mi sono arresa, l’ho accettata, l’ho usata, ho capito che era il motore di tutto quel che facevo. C’è un’ansia buona e una cattiva. Se la riconosci puoi cercare di usare la buona e combattere la cattiva. Ho capito che di tante cose per cui soffrivo non ero padrona. Era il mostro a guidarmi“.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui