CoRonizzazione

Dalla Russia con amore. È questo quello che si legge sotto ai due cuori rispettivamente tricolori incollati sulle fiancate dei camion Kamaz mentre sbarcano dagli IL-76 appena atterrati a Roma. La TV che esce dalla finestra del vicino ne osanna l’arrivo. E il vicino, a modo suo, osanna qualcos’altro.

Nemmeno a lui evidentemente deve essere andato giù che fino a qualche tempo fa Putin non ci comprava le pesche romagnole per ripicca alle sanzioni che l’Italia, insieme all’UE, aveva messo in atto dopo l’inizio della guerra in Donbas e l’annessione della Crimea. Sanzioni rinnovate a luglio e scadute il 31 gennaio 2020. Perché, anche se tutto tace, dopo sei anni la Crimea rimane annessa e l’Ucraina rimane invasa. Sarà per questo che quei Kamaz verdi militare targati RU non mi affascinano, nonostante io sia un grande fan del verde militare.

L’estate scorsa, mentre fuori dal finestrino della Kia Rio che mi stava portando dalla Cecenia alla Georgia sfrecciavano l’Inguscezia e l’Ossezia del Nord, ho visto tanta miseria. Lungo le strade, sulle facciate dei vari stalinska, negli occhi degli ambulanti tra la ghiaia, nelle ciabatte di tre numeri in più dei bambini seduti sugli scalini. Soprattutto mentre ero in fila per uscire da Vladikavkaz, appunto tra un Kamaz e l’altro, mi ricordo di essermi chiesto come dovessero essere gli ospedali lì da quelle parti. Per mia fortuna non ho avuto l’occasione di scoprirlo.

Però la curiosità mi rimane, così inizio a scrivere ai miei contatti qua e là in giro per la vecchia URSS. Per un attimo converso contemporaneamente con un ceceno, un ucraino, e un paio di russi. Lo so, sembra una barzelletta di quelle che si raccontano ai compleanni dopo sei o sette bicchieri di sangiovese e come finisce finisce tanto ridono tutti. Ma questi no, non sono tempi in cui ridere. I primi casi di coronavirus sono arrivati anche a Grozny e a Mosca. E lì sono molto preoccupati, perché appunto i loro ospedali “В плохом состоянии”, non sono un granché.

Mi mandano qualche immagine e qualche racconto. In un primo momento stento a crederci. Alcune foto non possono essere vere: sembrano le mie scattate a Chernobyl qualche estate fa. Altre devono essere prese dalla Russia più profonda, più rurale e più lontana. Allora cerco di mediare. Perché insomma, la Russia è grande, è immensa, e non tutti gli ospedali saranno così malmessi. Ci sono sicuramente anche tanti ospedali di lusso.

Quelli dove si fa le foto Putin. E quelli dove ci vogliono parecchi soldi per una flebo. Io sono un insegnante. Precario. Lì guadagnerei 37.500 rubli al mese. Cioè più o meno 400€. No. Il lusso non farebbe per me. Dovrei sperare di capitare sotto i medici giusti, o meglio, di non capitarci proprio.

Ora, se molti dei loro ospedali sono in condizioni talvolta disastrose, quale aiuto possono dare ai nostri ospedali che sono tra i migliori in Europa e non solo? Personalmente faccio fatica a credere alla favola “dalla Russia con amore”. Come faccio fatica a credere che per questi aiuti non ci venga poi chiesto il conto una volta terminata l’emergenza. L’Italia è il paese più bello, apprezzato, desiderato al mondo.

E ne ho avuto conferma l’estate scorsa, scendendo dal Caucaso ceceno, quando il mio autista ascoltava a tutto volume Toto Cotugno. O l’altra notte, quando ho visto la Tbilisi Tower in Georgia illuminata di verde, bianco, e rosso. È per questo che non appena ho visto le gomme tassellate di quei Kamaz rotolare sul suolo italiano ho pensato ad una vera e propria colonizzazione. Anzi, visti i tempi che corrono, io la chiamerei “coronizzazione”.

A cura di Valentino Broccoli – Foto fonte Mediaset

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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