Gallera, in Lombardia 4.189 contagiati, 257 deceduti: “Un un bollettino impressionante”

Polemica per la fine dell’isolamento del Lodigiano: Il decreto della presidenza del Consiglio, elimina la barriera virtuale tra Codogno e il resto della Lombardia. Il virologo Galli: folle riaprire.

Positivi al Coronavirus anche il governatore del Piemonte Cirio, il prefetto di Lodi Cadorna, il segretario del Pd Zingaretti e il Capo di Stato Maggiore Farina.

Protezione civile: a ieri le persone contagiate sono 5061, 589 quelle guarite, 233 i morti
Sospese le partite di basket di serie A.

Gp del Bahrein a porte chiuse.

In Emilia Romagna 1.180 casi, altri otto morti
In Emilia-Romagna sono complessivamente 1.180 i casi di positività al Coronavirus, 170 in più rispetto all’aggiornamento di ieri pomeriggio. E passano da 3.604 a 4.344 i campioni refertati. Si tratta di dati disponibili e accertati alle ore 12, sulla base delle richieste istituzionali. In circa la metà dei casi le persone hanno sintomi modesti o assenti. Salgono anche le persone in terapia intensiva: sono 75 (11 in più rispetto a ieri) e i morti, passati da 48 a 56. Degli 8 nuovi decessi, due riguardano cittadini lombardi di 81 e 85 anni, poi un paziente bolognese di 85 anni e cinque pazienti piacentini con età comprese tra i 71 e 91 anni. Tutti avevano patologie pregresse, mentre sono in corso approfondimenti epidemiologici sull’uomo di Bologna.
Salgono anche le guarigioni, che sono 27.

Borrelli: 1326 contagi in più di ieri
Sono 6.387 i malati per coronavirus in Italia, con un incremento di 1.326 persone rispetto a ieri, e 366 i morti, 133 in più.
Il nuovo dato è stato fornito dal commissario Angelo Borrelli nella conferenza stampa alla Protezione Civile.
Per la mascherine “stiamo firmando una serie di contratti che dal 12 marzo al 30 aprile ci metteranno a disposizione 22 milioni di quelle chirurgiche”.

Iss: “Zone rosse per rallentare trasmissione”
Appare evidente che c’è una circolazione critica locale del virus, le misure che sono state prese sono state adottate seguendo questa logica, per rallentare la trasmissione e fare sì che i casi che necessitano di ricovero possano essere numericamente dilazionati nel tempo. Al tempo stesso si è voluto dare un segnale forte di prevenzione a tutto il Paese perché in casso di focolai i locali i sistemi siano pronti”. Lo ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro.

Cirio: “Grazie a Mattarella per sue parole”
“Ringrazio di cuore il Presidente Mattarella per il tempo e le parole dedicate a me e al nostro Piemonte”. Ad affermarlo, il presidente della Regione Alberto Cirio, dopo aver ricevuto la telefonata del Presidente della Repubblica Sergio de Mattarella. “Nell’augurarmi una pronta guarigione – aggiunge Ciro – il Presidente della Repubblica ha espresso un pensiero di stima per il grande sforzo che tutto il sistema piemontese sta mettendo in campo per affrontare questa emergenza. L’ho ringraziato a nome di tutto il territorio”. “Sappiamo che lo lega un rapporto speciale alla nostra terra e noi, quando questo momento difficile sara’ finalmente superato – conclude – ci auguriamo di poterlo ospitare presto in Piemonte”.

L’Appello del Medico Macchini è da seguire
“Una guerra che molti non erano così certi sarebbe arrivata con tale ferocia”
Macchini inizia raccontando che, la settimana scorsa, “Io stesso guardavo con un po’ di stupore le riorganizzazioni dell’intero ospedale, quando il nostro nemico attuale era ancora nell’ombra: i reparti piano piano letteralmente ‘svuotati’, le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi”. Cambiamenti che, dice il medico, portavano “nei corridoi dell’ospedale un’atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia”.

La situazione in ospedale
Ora, però, osserva Macchini, c’è “quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l’altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell’unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell’intervento chirurgico c’è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale”. “Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo – spiega il medico – Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia”.

La differenza con l’influenza
Macchini parla di un “dramma rapido”, perché “quella è la differenza: nell’influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell’arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il VIRUS distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie permette ai BATTERI normalmente residenti nelle alte vie di invadere bronchi e polmoni provocando casi più gravi. Il Covid 19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria SARS perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare”.

“Ho visto infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti”
Nel racconto di Macchini poi ci sono i medici, “pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato. Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa”. E racconta: “Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata”.

L’appello: con le vostre azioni influenzate le vite degli altri
Poi, l’appello ai cittadini: “Abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e iniziamo a far fatica a reperirle”. Infatti, spiega il medico, “grazie allo scarseggiare di certi dispositivi io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte”. E conclude: “Noi non abbiamo alternativa. È il nostro lavoro. Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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