Attenzione massima e sangue freddo. Non allarmismo. In almeno quattro casi su cinque, l’infezione da quel coronavirus che tanto ci preoccupa può dare solamente sintomi leggeri e si autorisolve.

Per questo è fondamentale fare in modo che le strutture sanitarie si occupino di chi ha realmente bisogno di cure intensive e di supporto alla respirazione. Ma soprattutto, non bisogna correre al Pronto Soccorso.

Se avete sintomi respiratori con febbre o se temete di essere entrati in contatto con persone che potrebbero aver sviluppato l’infezione, la prima cosa da fare è chiamare il medico di medicina generale o il pediatra di famiglia oppure rivolgersi ai numeri di emergenza 112 o 1500 (numero speciale del Ministero della Salute. Il primo passaggio deve essere sempre telefonico, per poi essere indirizzati in modo corretto verso strutture idonee o per essere invitati a rimanere a domicilio.

Quando si fa il test
Non bisogna fare l’errore di recarsi al pronto soccorso per essere sottoposti ad un test di verifica dell’eventuale avvenuta infezione da coronavirus Sars-Cov-19 e di aver sviluppato la CoViD, ovvero la malattia causata da questo ceppo.

Oltre a rischiare di “rubare” tempo agli operatori da destinare a presenta patologie gravi, come ad esempio un infarto o un ictus o magari è reduce da un incidente, potreste mettere a repentaglio la salute di chi vi assiste e di altre persone.

Per questo sono sempre più diffusi punti di “triage” e di accoglienza diversi per chi presenta sintomi respiratori. E non pensate che l’esame di verifica dell’avvenuta infezione venga fatto a tutti coloro che presentano quadri con febbre, mal di gola, tosse e altri sintomi respiratori.

Il test, che si fa su campioni provenienti quasi sempre da naso e gola e consente di “amplificare” il patrimonio genetico del virus quando questo è presente, si effettua quando una persona presenta sintomi come febbre e problemi respiratori ed ha una storia recente di viaggi in aree interessate dall’infezione o di contatto con persone che vivono in quelle zone, oppure se, anche in assenza di sintomi, si è entrati in contatto con persone poi rivelatesi positive. In queste condizioni l’isolamento a casa, con il monitoraggio dello stato di salute per verificare se compare qualche problema, è obbligatorio. Il test può essere effettuato solamente in strutture dedicate e non è disponibile per il pubblico.

Cosa fare a casa
Il fattore protettivo più importante è sempre rappresentato dall’igiene (le 10 regole del ministero della Salute), ancora più se, per motivi di lavoro, non si possono evitare trasferimenti che andrebbero comunque ridotti al minimo in chiave preventiva.

Ovviamente bisogna lavarsi le mani più volte al giorno, e sempre ogni volta che si sono frequentati ambienti pubblici e ad elevata concentrazione di persone.

Non ha invece senso l’impiego di mascherine, se non per proteggere gli altri in caso di sintomi respiratori: le mascherine, quindi, vanno indossate da chi ha sintomi e potrebbe essere a rischio, non per proteggersi dagli altri.

Per quanto riguarda gli ambienti, il virus non è particolarmente resistente e quindi non si mantiene a lungo fuori dal corpo umano. Sempre pensando all’ambiente, l’alcol così come la candeggina possono “ripulire” mobili e strutture di casa e ufficio dall’eventuale temporanea presenza del virus.

Un’ultima raccomandazione. Al momento non esistono prove che cani, gatti ed altri animali da compagnia possano subire l’infezione virale. E’ buona regola però lavarsi le mani con acqua e sapone dopo i contatti con i nostri amici a quattro zampe: lo raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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