Per quanti anni si è parlato della necessità del calcio italiano di adeguarsi a quanto già succede in molte parti d’Europa, dove la maggior parte dei Club calcistici hanno una seconda squadra che milita in campionati minori? Perché, si diceva, dare in prestito i migliori prodotti del proprio vivaio, con la possibilità che non giochino, quando si potrebbe invece gestire in proprio una formazione iscritta magari in terza serie (la C tanto per intenderci) e seguire direttamente i ragazzi?
A dire il vero, le remore e l’opposizione maggiori al progetto, arrivavano proprio dalla Lega di Serie C, dove i Presidenti non volevano cedere posti per loro importanti, anche se erano sempre di più le Società che, un anno dopo l’altro, finivano nelle pastoie di fallimenti che in realtà impoverivano proprio quei campionati; senza che la D fosse in grado, anche per i diversi costi, di fare da serbatoio di ricambio non solo in quello che era il normale movimento di retrocessioni e promozioni.

Finalmente, nella primavera del 2018, si era arrivati con qualche compromesso ad un accordo tale da dare finalmente il via alla nascita delle squadre B o Under 23 come sono state definite; immediatamente erano anche arrivate le prime dichiarazioni d’intenti da parte di alcune Società di A, tra cui Juventus, Inter, Milan, Atalanta e Fiorentina, che parevano decise ad allargare le loro strutture, utilizzando in special modo quei ragazzi che non rientravano più, per limiti di età, nel giro delle formazioni Primavera.
Naturalmente era necessario un regolamento ad hoc che stabilisse i confini di queste partecipazioni, oltre alla necessità di capire chi effettivamente avrebbe partecipato, in quali strutture e con quali rose e staff tecnici; cosa non sempre facile perché bisogna giocare in campi omologati per la categoria e la struttura, diciamo societaria, deve essere satellite, ma completa.
Alla fine, tra polemiche solite e tiramolla non proprio edificanti, solo la Juventus ha deciso di iscrivere la propria Under 23, inserita nel Girone A di Serie C, che avrebbe disputato gli incontri casalinghi al Moccagatta di Alessandria, pagando un’iscrizione di 1,2 milioni di euro, quota estremamente maggiore (più del triplo) delle altre partecipanti al torneo.

Poco importa che, alla fine, la formazione bianconera si sia classificata al dodicesimo posto, senza tenere conto delle penalizzazioni inflitte a Cuneo e Lucchese che avevano ottenuto più punti, perché in teoria questo dovrebbe essere un trampolino di lancio verso la prima squadra, o comunque un’occasione per acquisire esperienza (spesso la prima) affacciandosi al professionismo.
Finita la stagione, cosa è cambiato nella totalità delle nostre formazioni di Serie A rispetto alle seconde squadre? Nulla, niente di niente, perché per il secondo anno consecutivo solo la Juventus si è presentata ai nastri di partenza, mentre per il resto si è preferito andare avanti come solito, prestando a Società “amiche” i migliori prodotti dei propri vivai, spesso tornando al modo di operare di qualche decina di anni fa, quando a fronte di un certo numero di presenze effettive e risultati, si pagava una sorta di premio di crescita a chi aveva gestito i ragazzi.
Perché questo, ci chiediamo, dopo tante parole, polemiche, ed un allinearsi ad altri paesi che sembrava necessario, se non indispensabile, per il nostro calcio? Intanto credo che alla base di tutto ci siano i costi, assolutamente improponibili per disputare la categoria; infatti, le formazioni di C pagano 60.000 euro l’anno (5.000 di quota associativa e 55.000, a rate, per la partecipazione al campionato), oltre ad una fidejussione di 350.000 euro, mentre per le formazioni Under 23 di Serie A il costo è il solito 1,2 milioni, spesa tale da far decidere, credo, di organizzarsi diversamente quanto alla “crescita” dei propri giovani.

Perché infatti dover spendere tutti quei soldi solo per l’iscrizione, considerando poi di dover aggiungere i costi materiali di gestione della stagione, magari dovendo disputare le partite casalinghe a 80 chilometri da casa? E gli introiti? La settimana scorsa ho seguito il posticipo della prima giornata che vedeva proprio la Juve impegnata a Novara, cioè fuori casa, ma in una zona dove i tifosi juventini sono tantissimi; ebbene, sugli spalti del Piola c’era pochissima gente, cosa non stupefacente viste le vacanze, la diretta tv ed il fatto che il Novara non abbia un gran seguito neppure in casa, ma dov’erano i tifosi bianconeri? Sarà pure solo la seconda squadra, ma è pur sempre la Juventus ed il paragone strideva con i 40.000 presenti per Juve-Fiorentina della Coppa Italia femminile, anche se quel giorno l’ingresso era gratuito e quando sentono la parola magica “gratis” gli italiani farebbero qualunque cosa!

Scherzi a parte, mi è sembrato desolante non vedere neppure una bandiera bianconera, non sentire un coro per la formazione di Pecchia, e vedere ragazzi giovani arrivati magari dalla formazione Primavera, con meno tifosi accanto anche rispetto a questo campionato; considerando poi quale seguito ha la Juventus, anche se il pur bravo Mota Carvalho non è CR7, ma tenendo pur sempre conto che la Juve è la Juve, qualunque formazione la rappresenti.

Sono andato fuori tema? Può essere, ma raccontare la realtà mi pare indicativo di come stanno oggi le cose circa un argomento di cui si è discusso per anni e pareva uno dei problemi del nostro calcio, sempre più “invaso” da stranieri e con non poche difficoltà per allestire le squadre Nazionali; evidentemente però la realtà è spesso discostata dalle chiacchiere ed a ben vedere anche la Juventus ha deciso di allestire la formazione Under 23 non certo per creare un serbatoio alla prima squadra (tolto Pinsoglio, quanti ragazzi sono nella rosa di prima squadra e da quanti anni nessuno uscito dal vivaio ha vestito la maglia da titolare, considerando che gli ultimi sono stati Giovinco e Marchisio? O vogliamo considerare Kean ancora bianconero?), ma come dimostra proprio Kean unicamente per fare plusvalenze di bilancio?

L’impressione è che finito di riempirci la bocca con i “canterani” del Barcellona, del Real, del Bayern e di tanti altri, resti la realtà di voler vincere subito ed a qualunque costo, tanto di calciatori in giro ce ne sono tanti ed è preferibile spendere 100 milioni, anche quando non li abbiamo, e dare in pasto ai tifosi il nome esotico e che faccia vendere magliette e gadget, altro che squadre B…

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Lapresse

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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