PENSIERI DAL 1967

Nella mia consueta ora solitaria notturna di lavoro mi stavo domandando sotto cosa avrei potuto archiviare la giornata di campionato che si era conclusa e alla quale il Cesena a Giulianova ha trionfato da prima della classe. E forse sbagliando mi sono reso conto di non aver trovato una notizia, una emozione, uno spunto diverso da quello che tutti si aspettavano!
Non ho trovato niente di nuovo ma soprattutto niente di stuzzicante, semplicemente perchè i bianconeri avevano solo un compito da svolgere e lo hanno fatto a pieni voti, quello di uscire dall’inferno.

Da un campionato che non gli appartiene per storia e tradizione, ma non certo per continuità calcistica, se non quella solo di aggregazione.
Ora vengo e mi spiego’, come Camilleri fa dire al suo commissario Montalbano, per il quale vado pazzo: l’A.C. Cesena è fallita e quella storia burrascosa fa parte di quegli uomini, dopo dieci mesi, invece lungimiranti signori sono ripartiti dal Martorano dove tra l’altro ci abito, per non fare morire il calcio in città.
Era comunque importante il risultato finale, in tempi tenebrosi, dove la ricostruzione accomunava tutti.

Era importante per infiammare gli animi, per il sodalizio bianconero per non spegnere l’acquiescenza di ciò che era rimasto, ben poco, dopo il crak.
In questa stagione, che personalmente voglio dimenticare in fretta e possibilmente, si sono visti più calci che calcio, non c’è stato nulla che mi è piaciuto.
La serie D è come uno spezzatino calcistico, non fa aumentare emozioni e forti battiti del cuore, anzi alcune volte divide pure nella sua opacità ed emette verdetti opposti ai reali risultati.
Ma lo si sa… non c’è tecnica, palleggio. Ecco, perchè mi ritornano in mente, gli anni settanta con i famosi lanci lunghi e pedalare, che personalmente chiamo azioni di rottura e non di qualità, di calcio struttrato, di triangolazioni che partono dal portiere e vengono ragionate a centrocampo per poi essere finalizzate nelle aree piccole.

Si, in alcune partire, ho riveduto il Cesena del 1967, quello allenato da Cesare Meucci, quando ancora negli spogliatoi emanava tra gli scarpini il profumo della canfora.
Una squadra che nel suo dna aveva la forza muscolare, che su ogni pallone lanciato fino a 20 metri (quasi come nel rugby), lo si andava ad arpionare anticipando l’avversario.
Adesso arde un po’ di fuoco sotto la cenere e la promozione potrebbe aiutare a non spegnare le braci per un futuro consistente, per un domani pieno di intensità, per uno spettacolo più pirotecnico!

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto di copertina Luigi Rega

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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