Ferrari driver Charles Leclerc of Monaco steers his racer celebrates after setting the pole position at the end of the qualifying session practice at the 'Sochi Autodrom' Formula One circuit, in Sochi, Russia, Saturday, Sept.28, 2019. The Formula one race will be held on Sunday. (ANSA/AP Photo/Luca Bruno) [CopyrightNotice: Copyright 2019 The Associated Press. All rights reserved.]

Quanto, nella decisione di separarsi tra la Ferrari e Vettel, ha contato la crescita esponenziale del giovane astro nascente Leclerc?

Dopo un lustro con la Rossa ed una stagione che ancora deve cominciare, e chissà se e quanto si gareggerà, è arrivata la notizia di un divorzio neppure poi così inaspettato tra il quattro volte Campione Mondiale tedesco e la Casa di Maranello, con l’ovvio contorno di commenti e voci, più o meno logiche, cui le due parti hanno pensato bene di porre un limite, rilasciando dichiarazioni combacianti circa i motivi che hanno portato alla chiusura del rapporto.

La stagione scorsa ha indubbiamente cambiato le cose tra Vettel e la Ferrari, perché almeno nei pensieri iniziali il nuovo arrivato, Leclerc, doveva avere il tempo di crescere, fare esperienza e contemporaneamente essere d’aiuto al compagno, ma non di fargli “ombra”, non di arrivare a mettersi sullo stesso piano nel giro di neppure mezzo Campionato, cosa invece successa e che ha creato non pochi problemi, forse minimizzati dalla Scuderia che, formalmente, non ha mai preso una posizione, neppure quando i due si sono autoeliminati in un poco logico duello.

Dopo i quattro Mondiali vinti con la Red Bull, Vettel si attendeva di poter continuare a vincere, emulare Schumacher ed i suoi trionfi sulle macchine del Cavallino Rampante; in fin dei conti, a Maranello arrivava il miglior pilota del momento, quello vincente, quello da cui ci si attendeva il ritorno alla vittoria, cosa purtroppo non successa, a causa dell’esplosione della coppia Mercedes-Hamilton, più bravi nel costruire una macchina competitiva, i primi, e più costante nel rendimento e nella capacità di sfruttare le qualità della macchina, il secondo.

In questi anni in Ferrari, Vettel ha più volte commesso errori che, se non determinanti nel risultato finale, hanno comunque creato frizioni, lasciato l’amaro in bocca, minato psicologicamente un ambiente già di per se piuttosto difficile; non meno errori li ha commessi chi ha gestito la Scuderia, in prova ed in gara, tanto dal vedere cambiata la guida tecnica piuttosto spesso, senza che le cose migliorassero; in più mettiamoci che anche l’altro pilota, Raikkonen, non è che abbia fatto faville ed aiutato il proprio compagno, compito che invece la seconda guida Mercedes, Bottas, ha assolto al meglio.

Poi ecco il francesino Leclerc, giovane, bravo, arrembante e che ci ha messo davvero pochissimo a prendere in mano la propria auto e mettere, senza volerlo per carità, ancora più in difficoltà quello che avrebbe dovuto essere il suo “capitano”, quello da aiutare, quello a cui coprire le spalle, anche portando via punti preziosi alla concorrenza.
In fondo però, parlando di sport, tra Vettel e Leclerc è successo quello che capita quando ad un campione con un certo carico non solo di esperienza sulle spalle, si affianca uno più giovane e non meno ricco di talento, uno che vuole emergere e quando si rende conto di poterlo fare non guarda in faccia nessuno; In fondo Vettel-Leclerc mi fanno venire in mente Baggio-Del Piero e tante altre figure di altri sport la cui convivenza è diventata presto controproducente.

A leggere le dichiarazioni di questi giorni, anche nel ciclismo si prospetta un duello fratricida mica da poco, sottolineo almeno a parole, questo in casa Ineos, perché il vincitore del Tour 2019, Egan Bernal, correrà la prossima Grande Boucle al servizio del rientrante Froome, già vincitore di quattro edizioni della Corsa Gialla e grande assente proprio del 2019? In fondo lo scorso anno le cose sono andate diversamente da quanto progettato dal Team inglese; Bernal doveva correre il Giro, saltato per un infortunio, mentre Froome ha dovuto a sua volta saltare il Tour per una gravissima caduta.

Sballati i piani ecco il giovane emergente arrivare in Francia come spalla di Geraint Thomas, salvo dimostrarsi più forte e superare il gallese che non l’ha presa mica troppo bene, ma la forma di quel momento era quella, mentre adesso i piani, sempre che si corra, devono per forza tener conto che i tre grandi Giri si correranno uno a cavallo dell’altro e pur potendo contare su una batteria di grandi corridori (ai tre citati occorre aggiungere il vincitore dell’ultimo Giro, l’ex Movistar Carapaz, oltre a quella testa matta di Rohan Dennis, capace di tutto nel bene e nel male) non sarà facile fare delle scelte su chi saranno, di volta in volta il capitano o i capitani designati.

Insomma, capita di ritrovarsi con un campione in squadra, magari un po’ in difficoltà, e con un giovane talento che arriva e manda all’aria tutti i piani; certo, in Formula 1 è molto più facile che nel ciclismo, dove si ha la possibilità di dividersi tra le varie gare, però spesso la storia si ripete, in fondo è la legge dello sport, fatta di cicli, che durano di più o di meno nel tempo, ma che inesorabilmente sono destinati a concludersi.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Getty image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui