Secondo uno studio internazionale guidato dall’Università australiana di Adelaide e pubblicato su Current Biology, i cambiamenti degli oceani provocati dalle attività umane, non sono devastanti per tutti gli abitanti dei mari.

Rispetto infatti ad altre specie ittiche, i cefalopodi (polpi, seppie e calamari), sembrano essersi adattati con una certa facilità ai mutamenti delle acque. Negli ultimi 60 anni il loro numero è fortemente aumentato e questo rappresenta una grande “sorpresa”, come spiegato da Zoe Doubleday dell’Istituto ambientale dell’ateneo australiano. “I cefalopodi sono notoriamente variabili”, ha detto, “e la popolazione può oscillare fortemente sia all’interno di una stessa specie sia tra specie diverse. Il fatto che abbiamo osservato consistenti incrementi nel lungo periodo di diversi gruppi di cefalopodi, in habitat diversi, è un risultato notevole”.

Secondo i ricercatori la proliferazione di queste specie marine è da attribuire alla loro capacità di rispondere in maniera ottimale ai mutamenti ambientali: i cefalopodi sono noti per la loro crescita rapida, la breve durata di vita e lo sviluppo flessibile. Caratteristiche che permettono a queste specie di adattarsi più velocemente ai cambiamenti. Il fatto che le popolazioni siano aumentate suggerisce che seppie e calamari abbiano non solo resistito ai mutamenti degli oceani ma che ne abbiano tratto perfino beneficio.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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